Quando leggerai queste parole probabilmente sarò già morto. È così semplice comprendere l’inutilità delle parole quando «morte» ha solo cinque lettere eppure fa terminare tutto. Non saprei dire cosa lascio dietro di me. Lascio la certezza di essere rimasto fedele a ciò che ho potuto essere. Sono quasi sempre stato quello che ho voluto essere, e probabilmente era questo, soltanto questo, ciò che realmente ho desiderato essere.

Non ho mai chiesto molto alla vita ma lei mi ha dato tanto. Quando ero piccolo credevo a Babbo Natale, nella felicità eterna, nei matrimoni che duravano per sempre. Oggi credo ancora di più. Le rughe si portano via molte cose ma non si portano mai via l’amore, pensaci, se un giorno dovessi avere dei dubbi su cosa realmente importa nella vita. Se qualcosa di me rimarrà in questo mondo sarà l’amore che ho dato e ricevuto, niente di più.

A volte essere vivi costa. Molte volte sembra che non ci sia una via d’uscita, che il dolore non cesserà mai. Ma passa. Passa sempre. Basta davvero poco a impedirci qualsiasi movimento. Ma quello che ci blocca passa sempre. Se c’è una donna da amare il mondo continua. La vita mi ha donato mia moglie, e lei mi ha donato tutto quello che potevo aspettarmi dalla vita.

Non mi sono mai lamentato delle lacrime che ho pianto, degli incidenti che mi hanno fatto ricominciare. Il tempo serve per ricominciare. Ho imparato che il cambiamento mi mantiene vivo. La testa non è più quella di una volta, il corpo non è più quello di una volta, dev’essere questa la vecchiaia, lo so. C’è un corpo che cade e noi, dentro, sempre a rialzarci, sempre più alti. L’età eleva tutto tranne il corpo. Tutto cede, tranne ciò che amiamo. Ciò che amiamo profondamente.

Amo profondamente chi mi fa ridere. Il presentatore spiritoso in televisione, che Dio lo benedica, la signora della macelleria e le sue imprecazioni che non oso ripetere, e quelli che amo. Amare è ridere profondamente.

Molte persone mi sono già state amputate. La morte di chi fa parte del nostro mondo è un pezzo che se ne va. Mi ritrovo con molto meno di quello che avevo ma comunque vado avanti. La vita è soprattutto riuscire a tenere insieme abbastanza pezzi per continuare a muoversi, per quante amputazioni la vita ci possa riservare. Nella mia testa sono più freak che mai. Il freak è quel tipo che non vuole sapere cosa pensano gli altri, lo stravagante che pensa solo per sé. Un vecchio è un freak oppure è morto. Un vecchio non ha nulla da perdere e da ciò deve trarre vantaggio. Io vinco. Vinco tutti i giorni. Dico quel che penso e faccio quel che penso di dover fare e a volte faccio persino delle cose senza pensare, che poi sono quelle che ricordo di più rispetto alle altre. La memoria serve tanto a soffrire quanto a vivere. Nella memoria vivo i momenti migliori e peggiori della mia vita. Per questo tento, ogni giorno, di costruire una nuova memoria, di inventare momenti da ricordare. Ciò che rimane della vita sono i momenti che ci ricordano di noi stessi.

Sono una macchina da guerra contro l’insufficienza. Mi aggrappo a mia moglie come se mi aggrappassi a ciò che mi impedisce di morire. E non muoio mai.

Alla fine, come ti ho già detto all’inizio di queste righe che si stanno dilungando (i vecchi hanno questa mania di parlare troppo, di raccontare troppo, di sapere troppo, ma a nessuno importa nulla dei vecchi finché non lo diventa a sua volta, e allora sono altri quelli a cui non importa nulla di chi non ne voleva sapere di essere vecchio, ma io non mi preoccupo, la legge della vita è anche la legge della morte, è da tanto che ne ho preso coscienza), quando leggerai queste parole probabilmente sarò già morto. Ma tu no. Cerca di trarne vantaggio.

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in “Prometto di perdere”, da Pedro Chagas Freitas

il seguito di “Prometto di sbagliare”. Un nuovo, indimenticabile viaggio nell’universo dei sentimenti.

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